No potho reposare vede la luce nell'estate del 1921, dalla penna di Salvatore Sini e Giuseppe Rachel. Dopo quindici anni dalla sua nascita, nel 1936, vengono registrate tre strofe di questa canzone dal tenore di Mogoro Maurizio Carta. Nel 1966 viene incisa su due LP intitolati rispettivamente Sardegna, canta e prega e Sardegna nel canto e nella danza nelle versioni eseguite dal Coro barbagia e dal coro di Nuoro. Grazie al notevole successo riscosso, il brano comincia a diffondersi e, durante gli anni, ottiene sempre più consensi, venendo riproposto da Maria Carta, Elena ledda, Tazenda, Andrea Parodi, Balentes,.. e diventando parte integrante del programma di numerosi cori. Oggi conosciuta e apprezzata anche oltre i confini dell'isola, porta con sè la forza di un amore grande e lontano, quello che non fa dormire. Anche per una terra.
2003, verosimilmente gennaio o febbraio, il LAIV fresco d'uscita e l'arrivo sulla traccia 10 del secondo CD imminente. L'introduzione alla ninna nanna del contrabbandiere, sì, la prima delle ninna nanne che vi ho presentato, è eseguita dalle Balentes, all'epoca "Lulli, Stefy, Elena". Tre voci femminili unite in un modo mai sentito, a cantare in un dialetto mai sentito, una canzone mai sentita.
Da allora queste due canzoni non hanno mai smesso di incontrarsi, in un modo o nell'altro, fosse sopra il palco di un teatro gremito o intorno a un tavolo, in una calda sera estiva, a chilometri da qui. E Beppe Dettori ha un sorriso che conosco, tutto qua.
22 settembre 2006, Andrea Parodi, una delle più grandi voci sarde, saluta il suo pubblico durante il suo ultimo concerto.
Ogni anno, i Tazenda, sono soliti omaggiare Andrea tramite un'esecuzione particolare, come sarebbe piaciuto a lui, durante un proprio concerto. Uno di questi pensieri è questa No potho reposare: l'indimenticabile vecchio volto dei Tazenda e il nuovo, senza la pretesa di rimpiazzare nessuno, uniti in una versione speciale di questa meravigliosa ninna nanna. Vogliamo ricordarlo così com'era, ironico e autoironico. Capace di lottare fino in fondo. Perché ogni volta che suoniamo e cantiamo si sente la sua presenza, si sente la sua assenza.
« Il vocabolo "coro" in sardo logudorese, racchiude due significati. Il primo si traduce in "cuore", il secondo in "coro". Sembra quasi che per i sardi la coralità, nel canto soprattutto poggi sul sentimento, e su un sentimento intimo. »
(Enzo Paba)
(Enzo Paba)
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