martedì 30 luglio 2013

Il raddoppio della galleria

Ho detto vado. Esco prima dell'alba, le solite cose nella borsa. Ho detto adesso faccio come se da qui non fossi mai passata, come se queste non fossero le solite strade. Le stesse che sentono il rumore dei miei passi da un bel po' di anni. Ho detto faccio finta. Faccio finta di essere una arrivata qui per caso. Tipo una di quelle che scende dal bus e ha mezz'ora per capire qualcosa di un posto. Facile! Riguardo la mia città, me la riguardo come se non fosse mia, che dite? Che poi non lo è neppure. Non lo è mai stata, mi sa. Ho detto vedo che succede. L'entusiasmo iniziale stava già andando a farsi benedire ancora prima di entrare nel vivo, per la verità appena suonata la sveglia. Ma uno mica si lascia scoraggiare, no. Poi va per cercare una cosa e immancabilmente ne trova altre, succede più o meno sempre così. Per dire.

Piccioni da combattimento, reduci di guerra. Collegiata come San Marco e tutta La bellezza di Vecchioni che non si scrolla di dosso. Writer pessimi, veramente pessimi, mamma mia, ma un graffito che sia uno, magari decente, in questa città, lo si trova? Un binario che mi son sempre chiesta come diamine faccia a chiamarsi ottocentonove, o otto o nove o hai copiato sbagliato. Un orologio alla paese delle meraviglie che segnava il tempo anche in un caldo mercoledì sera di qualche settimana fa. La piazza della foca che poi, in realtà, sarebbe dell'otaria. Otaria, capito? Dal greco, perché la g'ha i urecc! Un figo di spazzino, una calza su, l'altra glie l'avevano fatta cascare già prima delle sette. Porfido, sempre in. Lattine d'accordo con te, grazie. Leoni d'oro e d'argento e facce che non conosco. Se avete sete, non andate a cercare rubinetti dalla signorina tra governo e teatro. Pane niente, siamo ancora chiusi, ma per la messa in piega, possiamo ragionarci. Il sottile razzismo dei cartelli che si rispondono come ragazzini incazzati. I giornali in prima linea che parlano altre lingue. E un tipo in tuta fosforescente con una borsa patriottica al 100%, che poi siam qua alla festa: a me non mi prendere giù che non ne vale la pena. Ohi se ne sarebbe valsa! E la luna, la luna. E il cielo, che cielo.

Non mi avessi offerto il caffè, in cambio di uno sguardo sulle fotografie, non ti avrei più scritto. Però la gatta dei vicini ci ha messo del suo e quindi ti ho trovato, al solito tavolino, tra le sette e le otto. Impossibile, avresti detto. E anche io.
E Infatti. Ad ogni modo, ti avessi trovato, avrei detto sicuro qualche stupidaggine. Prima tra le quali, una che ho pensato per tenermi allegra durante la mia spedizione: le appenderò in galleria. Una galleria in galleria. Benedettini. E visto che mi sono fatta prendere un po' troppo la mano. Mi sa che ci vuole il raddoppio.

Gli scatti sono in ordine cronologico e per tutti vale il solito © 2013 scàja
In fondo, questa è la prima serie pensata, voluta. La regalo a chi ancora conosce il valore e la forza del tempo, del dettaglio e dello sguardo. E la dedico a chi me la ricorda ogni giorno.



































sabato 6 luglio 2013

tredici minuti

A volte non sarebbe male avere dei binari e pezzi da staccare per essere più leggeri. La gente che ti aspetta con impazienza. E viaggiare, viaggiare, viaggiare, conoscere. E chi ti perde si dispiace e chi ti vede ti saluta. Pure ai treni lasciano commenti, colorati, sulle facciate scolorite, mentre io, io, parlo da sola. 

© 2013 scàja

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@ 2013 scàja

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