venerdì 28 dicembre 2012

24. Si chiude una porta, si apre un portone.

E la pace verrà, sulle nostre due singole guerre, non è stato esattamente un augurio proficuo, per cui direi che la smetto. Con oggi, finalmente si chiude la carrellata di porticine 2012. Completa, anche se ho un po' barato: inizialmente, infatti, le foto venivano scattate il giorno della rispettiva porticina (e avrebbero anche dovuto essere pubblicate il giorno stesso). Purtroppo, per mancanza di mezzi adatti, quest'anno non è stato possibile farlo sempre. Non so se riapriranno mai, avrò tempo poco meno di un anno per pensarci. Forse è ora di inventarsi qualcosa di nuovo, forse no, vedremo. Intanto vi ringrazio per averle accolte con l'entusiasmo di sempre. Grazie a chi ha preso parte di persona agli scatti; senza di voi e il vostro contributo, non solo il calendario di dicembre sarebbe più povero. Grazie agli sguardi nuovi - so, con piacere, che ce n'è qualcuno - che hanno voluto curiosare qui intorno, spero che le famose porticine a vento abbiano portato una ventata di colore sulla vostra attesa del Natale e che vorrete tornare. La premessa iniziale è stata quella di "smettere di aspettare qualcosa". Ce l'avete fatta? Ce l'abbiamo fatta? Forse sì, forse no. Ciò che importa è che, finalmente, il compleanno del marmocchio è passato e adesso, ancora per qualche ora, faccio come fa il Pi; chiudo gli occhi e ciao. Lui è uno di quelli che non ha smesso di aspettare, ma mi ha confidato che, in fondo, avere qualcuno da aspettare non è poi così male, quando sai che arriverà. A presto.


« Se si vuole conoscere un uomo a fondo, bisogna dapprima leggere quello che scrive, poi sorvegliare come si comporta quando mangia e quando gioca, infine bisogna vedere il suo cane. Il cane d'un uomo parla per lui. Se poi vi dirà che non ha cani e magari li detesta, allora lo avrete definito. »

(Piero Scanziani, 1908-2003)

giovedì 27 dicembre 2012

22, 23.


« This is creativity. [..] Creativity means uniqueness, innovation, discovering a new way of thinking and acting. Of creating a system based on more and more justice, freedom, love, and compassion. If you are creative you must be dissident. You discover what others have not yet discovered. »

(Nawal El Saadawi, 1931*)



 « Lettera d'amore,
alba che non ha un tramonto,
ma è un tramonto all'alba,
di due colori che confondo »


(Roberto Vecchioni, 1943*)

20, 21.

Per almeno vent'anni, in un angolo più o meno nascosto della mia fotografia, anche per le volte che dovrò cercarlo tra cuori e nostalgia, si troverà, da qualche parte, un bel "wir freuen uns auf". Due.


« I viaggiatori esprimono nostalgia, 
hanno quasi sempre il cuore in un luogo diverso dal quale si trovano. »

(Paul Mehis)


Dopo una notte breve è l'ora dell'ultima resa dei conti prima di salire su un treno direzione Ticino. In programma un esame di storia e la Klassenstunde (nello zaino i cioccolatini che alla fine, volutamente, non mi sono sognata di darvi). Bel tempo. Bruttissimo messaggio. Testa svuotata e riempita. Rincrociato lo spazzino di "Keep it smiling", stesso sorriso, stesso berretto granata. Fatemi tornare a casa, ché dicembre mi fa schifo.


da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/viaggi-e-vacanze/frase-108443>


Castelli di rabbia.

(Sempre Baricco)

martedì 25 dicembre 2012

15, 16, 17, 18, 19.

Le seguenti porticine trovano origine in una due settimane lucernese, senza pausa weekend. A cominciare da un primo piatto effettivamente un po' esotico e non esattamente come mi immaginavo (però è stato divertente buttarci dentro ingredienti a caso, soddisfazioni della vita) per continuare con la famosa scalinata (o indicazione della scalinata) che porta al Konservatorium. Al numero 17 abbiamo una zona non più troppo centrale, in direzione casa (in minuscolo), con un po' di vagabondaggio e un tempo da non credere. 18 è la cima della scalinata, buttando gli occhi giù verso il lago: panorama che ti mette a posto con il mondo, anche quando il mondo non vuole stare a posto con te. E per finire, se il vagabondaggio continua da un altro lato della città e si taglia per Kapuzinerweg, dobbiamo scendere i gradini davanti alla chiesa - enorme - per lanciarci nel centro. Per fare centro?


« Una sporcheria.
Però:
dolcissima. »

(Alessandro Baricco, 1958*)


« Alle Hindernisse und Schwierigkeiten sind Stufen,
auf denen wir in die Höhe steigen. »

(Friedrich Nietzsche, 1844 - 1900)


« [..] Tanto che ho deciso di crederci, e allora, ecco, quel che volevo dire è che mi fa male vederti navigare curve da schifo, come quella di Couverney, ma dovessi anche andare ogni volta a guardare un fiume, ogni volta, per ricordarmelo, io sempre penserò che è giusto così, e che fai bene ad andare, per quanto solo a dirlo mi venga da spaccarti la testa, ma voglio che tu vada, sei un fiume forte, non ti perderai... »
(Alessandro Baricco, 1958*)


« Chi vuole vedere il panorama,
deve salire il monte. »


« Tutta quella città, non se ne vedeva la fine. La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? E il rumore. Su quella maledettissima scaletta. Era molto bello, tutto.. e io ero grande con quel cappotto, facevo un figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c'era problema. Col mio cappello blu, primo gradino, secondo gradino [..]. Non è quel che vidi che mi fermò. È quello che non vidi. Puoi capirlo fratello? È quel che non vidi, lo cercai ma non c'era, in tutta quella sterminata città c'era tutto tranne.. c'era tutto ma non c'era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello, la fine del mondo. Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito e, dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi suonare. Loro sono 88, tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu, ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita.. Se quella tastiera è infinita, allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Tu sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio. Cristo, ma le vedevi le strade? Anche solo le strade. Ce n'è a migliaia, come fate voi, laggiù, a sceglierne una, a scegliere una donna, una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Tutto quel mondo addosso, quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n'è. Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi, solo a pensarla, quell'enormità, solo a pensarla? A viverla... Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava ma a duemila per volta. E di desideri ce n'erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande, per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È una musica che non so suonare. Perdonatemi, ma io non scenderò. Lasciatemi tornare indietro, per favore. »

(Alessandro Baricco, 1958*)

14. Christmas with The King's Singers

Se i King's Singers vi invitano a festeggiare il Natale con loro, intendono dire esattamente con loro. Perché la musica, alla faccia di chi continua a negarlo, è esattamente questo. Gino Paoli ha detto che l'arte è dare, non avere. Dam a trà. E poi, detto tra noi, chi ha bisogno di quaranta voci, quando si hanno sei King's Singers? Riassumendo, se vi invitano, andateci.



« La musica è linguaggio globale, la magica chiave che apre i cuori della gente
al di là delle differenze di nazionalità, etnia e religione. La musica è un grande catalizzatore che porta l'armonia nel cuore, nella mente delle persone, unendo l'umanità in una sola cosa. La musica è la melodia dell'avanzare della vita che trasmette gioia, coraggio e speranza. È il suono dell'attività dinamica, della creatività e del progresso. »

(Daisaku Ikeda, 1928*)




13. Strane coincidenze

Neanche a stiparli tra chili di musica, più o meno ottima, certi giorni scompaiono. Altro luogo, altri alberi. Stesso cielo azzurro e sempre rami tesi. Antenne più vicine. È passato un anno e per certi versi non è passato un secondo. Continueremo a cercarti nel vento che soffia, nei cristalli di neve e nelle polente addolcite dallo zucchero. Sappiamo che non sei là e là non verremo a piangere.


« Sogno
qualcosa di buono,
che mi illumini il mondo
buono come te,
che ho bisogno
qualcosa di vero,
che mi illumini il cielo,
proprio come te. » 


(Zucchero, 1955*)

12. Pirates

La 21st Century Symphony Orchestra e coro sbarcano a Lucerna con la ciurma di Jack Sparrow. Il Marti ha deciso di portarci e, salvo il panino in testa che mi è arrivato da non si sa bene dove, è stato una bomba. ueo.


« Norrington: No attidional shot  nor powder, a compass that doesn't point north [looks at Jack's sword] and I half expected it to be made of wood. You are without doubt the worst pirate I've ever heard of.
Jack Sparrow: But you have heard of me. »

10. - 11.


« Chi non beve in compagnia,
o è un ladro, o una spia »


« E cumè 'n sacch de la rüdera,
speci quaivön che me tö sö,
gh'è una madona in canutiera,
che de miracuj na fa piö,
e ogni umbrìa l'è 'na pantera,
ogni suspiir el paar un pit
e questa löna de gruviera,
la sa piö gnanca lee se dit. »

(Davide Van De Sfroos, 1965*)

martedì 11 dicembre 2012

e vòtt e nööf

Otto dicembre. Per essere sicura che non mi si schiantasse nessuna boccia sul pavimento, quest'anno, l'albero non l'ho nemmeno fatto. Rendat cünt.


« E non finisce mica il cielo,
anche se manchi tu.
Sarà dolore o è sempre cielo,
fin dove vedo. [..]

Qualcuno che sorrida un po' sicuro,
che sappia già da sè,
che non finisce mica il cielo. »

(Ivano Fossati, 1951*)

Nove dicembre: certi giorni non sono certi per niente. Nella lingua che preferisco nove si dice nööf. E nööf vuol dire anche nuovo. La foto non rende giustizia al panorama mozzafiato: si sa che se si vuole vedere qualcosa di speciale bisogna uscire senza macchina fotografica e allora eccomi servita. Di certo, se ve lo raccontassi, potreste vederlo riflesso nei miei occhi. Ultima cosa: a posteriori, effettivamente, la barca è forse più romantica del balcone, però anche lui aiuta a rendere l'atmosfera, dai.



« Quando il proiettile tornerà a casa sua,
quando la lacrima sarà solo pioggia,
quando torneremo a tremare contenti,
pensando ai cuori sommersi..
Allora darò un bacio a quest'acqua,
che tace, ma conosce ogni cosa. »


(Davide Van De Sfroos, 1965*)

E per chi spende più di dieci minuti ad aprire porticine, per ingannare l'attesa delle prossime e per essere sempre sulla cresta dell'onda, un po' come fanno nei supermercati di oggi coi bollini, arriva la bonus track. Anime Salve. Dall'omonimo disco del 1996, l'ultimo registrato in studio da Fabrizio De André. C'è chi ci prende sempre - parole come tatuaggi - e certi giorni te ne rendi conto di più.




venerdì 7 dicembre 2012

Quattro - Sette

E finalmente andiamo dal quattro al sette. Una settimana di arrivi e partenze, dubbi e certezze. Regole ed eccezioni. Finalmente è arrivata la mia custodia nuova e il vecchio ferro ha di nuovo un nido degno di lui. Domani ci attacco su l'orso polare, così siamo a cavallo. La numero 5 non è una foto. Surprise. Quando vedo voi, posso cominciare. Il resto va da sè. Buona notte.


« No, quella è la sola e più dolce custodia di ogni paura. »

(Alessandro Baricco, 1958*)



« Some people have lives,
some people have music. »


(John Green, 1977*)




« Scrivi, ti prego. Due righe sole, almeno, anche se l'animo è sconvolto e i nervi non tengono più. Ma ogni giorno. A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi. Lo scrivere è una delle più ridicole e patetiche nostre illusioni. Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca. Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare scampo. Scrivi, scrivi. Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare. (Forse). »


(Dino Buzzati, 1906-1972)



« Grazie per la neve che sta scendendo. Mi è sempre piaciuta, ma adesso mi sembra proprio puntuale. tempestiva. Porta pulizia. Porta bianco. Costringe all'attenzione. Ai tempi lunghi. Lima rumore e colori. Lima le bave dei sensi. Ce n'è bisogno. Ancora per un po'. »

(Luciano Ligabue, 1960*)

3. Latscho drom

La mattina del 3 dicembre mi è giunta una notizia infelice, da chi mi ha fatto strada in una breve quanto intensa avventura di un anno e mezzo fa. Miguel - il papà di Giosuè, un piccolo grande nomade (così lo ha definito Stefano) , simpatico protagonista del documentario Campo Nomadi - è scomparso. Per aiutare la famiglia di Giosuè ad affrontare questa difficile situazione, Stefano Ferrari, regista del documentario, ha organizzato una serata di musica e parole presso il Teatro del Gatto ad Ascona. Un modo per augurare un latscho drom, buon viaggio in romanès, a Miguel e un latscho drom, buona vita, il doppio significato di questa locuzione, al piccolo Giosuè. Il vuoto non si può riempire, è vero, ma insieme possiamo aiutare a portarlo. Per quanto mi riguarda, senza il patto stretto da Miguel e Stefano, il quale avrebbe dovuto insegnare ai bambini rom della carovana a leggere e scrivere in cambio di un soggiorno in loro compagnia, probabilmente non avrei varcato le soglie del campo nomadi di Galbisio.
Una volta mi è stato raccontato che quando muore un membro della famiglia non lo si dimentica - così come non si dimenticano gli anziani o i malati - ma, tra le altre cose, quella che forse mi ha colpito di più, è che si continui ad apparecchiare la tavola per una persona in più, come a dire che non se ne va mai davvero. Stefano mi ha raccontato che magari mostrerà qualcuna delle fotografie che ho scattato ai bambini di Galbisio e questo mi fa davvero piacere. Purtroppo non potrò partecipare alla serata, anche se vorrei, ma in un qualche modo sarò lì. Mi auguro che vogliate raccogliere questo invito, anche se siete diffidenti. Fidatevi, fidatevi di Stefano e del sorriso e degli occhi brillanti di Giosuè: non ve ne pentirete. E se non potete andare di persona, ma ci tenete a dare un contributo, potete contattare Stefano all'indirizzo: ferrarst@bluewin.ch, vi darà le dritte necessarie. Naistuke, grazie, già fin d'ora.



« Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta:
cuori lievi, simili a palloncini [..] dicono "andiamo" [..].
I loro desideri hanno le forme delle nuvole. »


(Charles Baudelaire, 1821-1867)


da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/viaggi-e-vacanze/frase-113344>

domenica 2 dicembre 2012

2. dicembre

L'anno scorso ho aperto le danze con una foto, di cui mi compiaccio tutt'ora, con lo stesso soggetto di quella di oggi: quel figo di un fotomodello che è il mio amico a quattro zampe. La citazione era di Baricco e il succo era che amare è qualcosa che ha a che vedere con l'aspettare. E ci risiamo. Di acqua sotto i ponti ne è passata, non poca, e forse è vero: amare ha effettivamente qualcosa a che vedere con l'aspettare. Ma non solo. Forse ha qualcosa a che vedere anche col giocare a palla. Aggiungo, e non è un salto di palo in frasca, che oggi mi ha fatto piacere tornare al consueto concerto della prima domenica di dicembre: se suonare ha qualcosa a che vedere con amare, allora ha anche qualcosa a che vedere col giocare a palla. E con un certo allenatore e un certo team, una parola è troppa e due sono poche. Ultima cosa: probabilmente ci rivedremo su questi schermi solo il weekend prossimo. Cogliete la palla al balzo.


« Quando si gioca a palla le mosse di chi riceve devono essere in sintonia con quelle di chi lancia: così in un discorso c'è sintonia tra chi parla e chi ascolta se entrambi sono attenti ai propri doveri. »

(Plutarco, 46/48 d.C. - 125/127 d.C)

sabato 1 dicembre 2012

Porticine a vento

« Capiva solo che nulla è più forte di quell'istinto a tornare dove ci hanno spezzato, e a replicare quell'istante per anni. Solo pensando che chi ci ha salvati una volta lo possa poi fare per sempre. In un lungo inferno identico a quello da cui veniamo. Ma d'improvviso clemente. E senza sangue. »

(Alessandro Baricco, 1958*)

Stamattina è tornato dicembre. Di rami spogli, freddo pungente e ancora qualche frutto fluorescente. È tornato a far invecchiare le montagne e a schiarire le idee. È tornato a farci ripiombare tra lucine e bocce e ingrassare di almeno tre chili. È tornato perché possiamo, come ogni anno, togliere i canditi dalle fette di panettone prima di mangiarlo. Non arriveremo a Natale, quest'anno, dicono. Chi per una ragione, chi per un'altra. Per quanto mi riguarda ho l'impressione che dicembre passerà. Così com'è tornato. Raccoglierà canti e decorazioni, i regali che non ci piaceranno, scartati con cura, perché prima o poi, la carta dell'anno scorso, la useremo di sicuro. E si ubriacherà in una notte senza stelle che sarà difficile da mandare giù. O forse due. Intanto dicembre è attesa. Attesa non si sa bene di cosa, ma dicono che è sempre bene avere qualcosa da aspettare. Aspettare: l'avvento dell'evento.
E allora: non so come andrà finire e non so con che regolarità. Non so come scavalcheremo le difficoltà tecniche e non solo quelle, ma provare non è mai costato niente. Quindi, se non lo avete già, procuratevi qualcosa da smettere di aspettare. Sì, avete capito bene. Smettete di aspettare. Scegliamo una cosa e andiamole incontro, insieme. Oggi, con dicembre, tornano le porticine e il vento che le attraversa fischiando. E, se lo vorrete, quando sarò lontana da maniglie e serrature, o quando avrò perso le chiavi, bussate (potete farlo qui, come ogni anno, o privatamente se preferite) dal vostro lato, con il vostro passo avanti, la vostra foto, la vostra citazione, o anche solamente con il vostro sguardo: non tarderò ad aprire. 




« It matters not how strait the gate,
how charged with punishments the scroll,
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul
. »

(William Ernest Henley, 1849-1903)

giovedì 29 novembre 2012

La terza freccia cercala

La mattina del 29 novembre 1864, il terzo reggimento dei volontari del Colorado varca le soglie dell'accampamento Cheyenne e Arapaho sulle sponde del fiume Sand Creek. Quello che successe prima e dopo pensiamo di saperlo, ma aprendo qualche libro potrebbe non rivelarsi del tutto esatto. La terza freccia, aiutatemi a cercarla.

A ignoranza dichiarata, però, un paio di cose da dire le ho anche stasera. Uno; inutili sotto qualsiasi risvolto, gli spari e le grida, inutili i morti e i feriti. Inutile il silenzio al gusto del ferro, dove finisce quell'azzurro da togliere il fiato e si guarda lontano. Inutile ieri come oggi. E, datemi retta, anche domani lo sarà. Due; Fiume Sand Creek (1981), Fabrizio De André (1940-1999). Penna pesante su musica leggera. Certe storie sembrano fiabe. Quegli occhi turchini e quei vent'anni (che poi venti non erano), a sfidare il cielo di prima, mi hanno sempre fatto paura. Quegli occhi scuri e quei cinquantadue anni (e un giorno) in più mi hanno sempre fatto strada.


Tre; (sopravvissuti)

Quattro; ripetimi ancora che è solo un sogno.



lunedì 19 novembre 2012

Prezzo intero

Noi non siamo in saldo, né oggi, né mai.  C'è un solo muso lungo che migliora le giornate. Ciao Pi, il lunedì è il giorno peggiore della settimana, ma venerdì torno, vedrai; non stancarti di aspettarmi così come fai.


« It's a long long night,
it's a long long time,
it's a long long road. »

(Modena City Ramblers)

domenica 11 novembre 2012

CLICK, CLICK, CLICK!

Il  vecchio post "Click click click" ha subito le ire della tecnologia. Per cui, a concorso terminato, vi ripropongo le due foto finaliste. La mia (la prima) e quella di Giada Total (la seguente), intitolata The same attitude in a different reality. Si trattava di un concorso indetto da SpazioReale: scattare una fotografia raffigurante un cartellone pubblicitario della mostra Il resto della vita incontrato per caso sul nostro cammino. Quando l'ho incontrato io, pioveva. Ringrazio tutti coloro che hanno votato la mia foto; questa si che è stata una gran bella mossa pubblicitaria! Siete stati favolosi. Grazie Enrico (mitico), grazie Nica, grazie Fra'. Il tempo e i km non li conosciamo neppure.
Spero che almeno un quarto dei "mi piace" si trasformi davvero in sguardi curiosi, verso le nuove iniziative di questo già diventato un po' "nostro" neonato spazio... reale.




sabato 10 novembre 2012

Roberto



« Eccomi qui! Guardami bene.. Guardami, lago! Sto come stai tu. Sono come sei tu: ho una profondità che non si vede, onde sulla faccia e pesci scuri nella testa. Ho striature negli occhi, che segnano temporale.
Sto come stai tu! Faccio come fai tu!









Trasformo le ore in qualcos'altro, agito chi mi percorre, spruzzo chi si avvicina.. e trattengo per sempre chi sprofonda dentro di me. Non ho perso niente di quello che mi hai dato. Non ho dimenticato nulla di quello che mi hai detto. »

(Davide Van De Sfroos, 1965*)




Che piova, qui, euli.


Non ho paura; euli,
perché ho una coperta,
per asciugare i giorni,
e riscaldare il cuore.

Copre l'amore,
non lo nasconde.
Sui diamanti, euli,
potrai portarli con te e


su questo specchio
(d'acqua), dolce, euli,
diventerà più bello
diluire il mare.

Riflette sguardi,
due gocce (d'acqua),
mai uguali, mai diverse.
Adesso può, euli.

(Ian Vogan, 1943*)


domenica 30 settembre 2012

Due sguardi

Le fotografie che seguono sono state scattate dentro e fuori l'antico convento di Monte Carasso, presso l'opening evening, tenutasi sabato 29 settembre, di SpazioReale e de Il resto della vita, con le fotografie di Gianluca Grossi. Un viaggio in questo luogo, in questo tempo, in questo spazio - che non finisce di certo risalendo le scale - per riprendersi il proprio resto della vita.
Perché "la risposta [..] è nel vostro sguardo."














"Lo sguardo è dissidenza."



sabato 29 settembre 2012

Note giuste al posto sbagliato, non esistono.


Dreilinden





« Cosa c'entra che ora è, sono mica una bambina. Non è questione di ore, è una questione di luce. Che cavolo dice? È la luce giusta per tornare acasa, è fatta apposta per quello. La luce? Non c'è luce migliore per sentirsi puliti. Andiamo. »
 

(Alessandro Baricco, 1958*)


mercoledì 22 agosto 2012

Arredamento

Andremo a stare in una grande casa rosa, a cinque piani, col tetto a punta e le bucalettere del colore delle imposte, o giù di lì. Avremo un balcone. E un grosso congelatore. Non so ancora quanto saranno lunghe le tende, quanto sarà grande il tavolo, quanto luminose le lampade. Non so se ci piacerà, se avremo nostalgia, se sbatteranno le porte o se ci dimenticheremo di chiudere a chiave. Ma so, so di certo, che non dovremo mai sederci per terra. 



« Il blues è reale; non è corrotto, non è pensato, non è un concetto - è una sedia. Non il progetto di una sedia, o di una sedia migliore, o di una sedia più grande, o di una sedia in pelle o particolare - è la prima sedia. Una sedia su cui sedersi, non una sedia da guardare o da ammirare.
Su quella musica ti ci puoi sedere. »


(J. Lennon, 1940-1980)

mercoledì 1 agosto 2012

Caro Gianluca,


non ho sempre detestato i botti del primo agosto. Li detestavo quando ero piccola, perché mi facevano paura e mi costringevano con le mani sulle orecchie, nella cüsina dala zia Curina, senza mai apprezzarne lo spettacolo. Li detesto oggi per la loro inutilità, per l'impatto ambientale, perché mi fanno morire di paura il cane - non solo il mio e non solo il cane, perché sono un immenso spreco di soldi e perché sono una buona scusa per distogliere l'attenzione dal suolo, rosso e crociato in tutti i sensi (non solo quello patrio), per guardare colori brillanti cadere dal nostro angolino di cielo. In mezzo, mi sono anche piaciuti.

Con le mie orecchie, non ho mai sentito quelli veri, quelli dei morti per strada ma senza luci nel cielo, perché non mi sono mai allontanata più di tanto dalla festeggiata o quantomeno nella direzione necessaria. Da certi botti, dicono in giro che è meglio stare lontani. Li ho sentiti spesso, invece, filtrati dai telegiornali delle reti nazionali, fossero questi ultimi non davvero in italiano, non davvero in francese o non davvero in tedesco. Tanto, i botti, a differenza dei discorsi, sono comprensibili a tutti.
Li ho visti, negli occhi azzurri di Adnan, nella sua curiosità, fame di cibo e di sapere, nascosti dai suoi sorrisi a denti larghi. Li ho incrociati, senza saperlo con precisione, in quell'amico delle elementari, inghiottito da un'estate di una decina di anni fa (tornato o rimandato a casa?), fuggito con la sua famiglia dal conflitto in Kosovo per vivere qualche anno nella tranquilla Svizzera e sedersi al mio stesso banco. Li ho visti e letti, taglienti come lame, sugli articoli di cronaca, sulle fotografie, raccontati da munizioni e penne, schiette come le tue.

Quest'anno non mi va bene per niente e non mi va bene niente. Sul mio letto, o meglio sul mio divano, ci sono due dei miei amori. Il terzo, fattosi piccolo piccolo, se solo potesse, scomparirebbe. Uno è un occhio sulla piccola realtà che mi circonda, uno elettronico che trasforma il mio sguardo in immagine, della stessa marca del tuo, tra l'altro. Un po' meno professionale, certo, ma per me va bene così. Forse un giorno lo porterò distante anche io, ma sarebbe meglio che, quel giorno, non ci fossero più conflitti da fotografare. Il secondo è un libro, per far passare questa strana serata. Il terzo si chiama Denver.

Eppure avrebbe potuto andarmi peggio, lo sappiamo entrambi. Invece no, sono esattamente nella mia città, che sarebbe poi anche la 
tua. Una città che purtroppo non ha deciso di evitare il frastuono della guerra per festeggiare e che per farlo degnamente ha pensato bene di usare oltre 25'000 franchi. Ma non è l'unica. A cominciare da Coldrerio - in un Mendrisiotto silenzioso, privati esclusi - con i suoi 2'500 franchi, seguito da Airolo, che cerca di dare uno spettacolo all'altezza della situazione rimanendo nei suoi 3'500.-, per arrivare ad Ascona, con i suoi 40'000 franchi e concludere, in Ticino, con Lugano, a primeggiare su qualsiasi fronte (e quindi anche su questo), con i suoi 175'000 franchi.

Sai, il tuo Se Berna mi legge, l'ho letto, per sbaglio, solo dopo aver già letto Primo agosto e i miei due amori e dopo essere venuta a conoscenza delle cifre in denaro usate (sprecate) per disegnare nel cielo questa notte.
246'000 franchi - duecentoquarantaseimilafranchi! - (se poi vogliamo aggiungerci anche gli stimati 3,5 milioni di franchi di danni a immobili causati dallo scoppio di fuochi artificiali..) che, ho pensato, avrebbero potuto essere utilizzati, insieme ai 60'000 della confederazione, per comprare gli attrezzi per il medico che hai conosciuto o per ricoverare altri feriti gravi in Svizzera. Perché non utilizzare i soldi dei nostri stupidi botti, per attenuare il frastuono assordante di quelli che esplodono ogni giorno, senza festeggiare proprio niente, non poi così distante da noi? Perché non 
coinvolgere anche i comuni, sensibilizzando i privati, in queste operazioni umanitarie di qualità? Perché non chiedere questo, e questo soltanto, per festeggiare il compleanno della patria?



Possibile che non mi vada a genio nemmeno il primo agosto? Che debba trovare da ridire anche su quello? Possibile. Non va a genio nemmeno a me. Tu, però, non smettere di mettere a fuoco, senza artificio, le contraddizioni di questo mondo, Gianluca, perché non è troppo quello che chiedi, è troppo quello che non vogliono sentire.

giovedì 12 luglio 2012

Ninna nanna (3)


No potho reposare vede la luce nell'estate del 1921, dalla penna di Salvatore Sini e Giuseppe Rachel. Dopo quindici anni dalla sua nascita, nel 1936, vengono registrate tre strofe di questa canzone dal tenore di Mogoro Maurizio Carta. Nel 1966 viene incisa su due LP intitolati rispettivamente Sardegna, canta e prega e Sardegna nel canto e nella danza nelle versioni eseguite dal Coro barbagia e dal coro di Nuoro. Grazie al notevole successo riscosso, il brano comincia a diffondersi e, durante gli anni, ottiene sempre più consensi, venendo riproposto da Maria Carta, Elena ledda, Tazenda, Andrea Parodi, Balentes,.. e diventando parte integrante del programma di numerosi cori. Oggi conosciuta e apprezzata anche oltre i confini dell'isola, porta con sè la forza di un amore grande e lontano, quello che non fa dormire. Anche per una terra.

2003, verosimilmente gennaio o febbraio, il LAIV fresco d'uscita e l'arrivo sulla traccia 10 del secondo CD imminente. L'introduzione alla ninna nanna del contrabbandiere, sì, la prima delle ninna nanne che vi ho presentato, è eseguita dalle Balentes, all'epoca "Lulli, Stefy, Elena". Tre voci femminili unite in un modo mai sentito, a cantare in un dialetto mai sentito, una canzone mai sentita. 

Da allora queste due canzoni non hanno mai smesso di incontrarsi, in un modo o nell'altro, fosse sopra il palco di un teatro gremito o intorno a un tavolo, in una calda sera estiva, a chilometri da qui. E Beppe Dettori ha un sorriso che conosco, tutto qua.



22 settembre 2006, Andrea Parodi, una delle più grandi voci sarde, saluta il suo pubblico durante il suo ultimo concerto. 


Ogni anno, i Tazenda, sono soliti omaggiare Andrea tramite un'esecuzione particolare, come sarebbe piaciuto a lui, durante un proprio concerto. Uno di questi pensieri è questa No potho reposare: l'indimenticabile vecchio volto dei Tazenda e il nuovo, senza la pretesa di rimpiazzare nessuno, uniti in una versione speciale di questa meravigliosa ninna nanna. Vogliamo ricordarlo così com'era, ironico e autoironico. Capace di lottare fino in fondo. Perché ogni volta che suoniamo e cantiamo si sente la sua presenza, si sente la sua assenza.



« Il vocabolo "coro" in sardo logudorese, racchiude due significati. Il primo si traduce in "cuore", il secondo in "coro". Sembra quasi che per i sardi la coralità, nel canto soprattutto poggi sul sentimento, e su un sentimento intimo. »

(Enzo Paba)




martedì 19 giugno 2012

O L U E I S L



 « Sentirò la tua mancanza, Jonathan.
Che dici mai? [..] non dire sciocchezze! [..] Se la nostra amicizia dipendesse da cose come lo spazio e il tempo, allora, una volta superato lo spazio e il tempo, noi avremmo anche distrutto questo nostro sodalizio! Non ti pare? Ma se superi il tempo e lo spazio, non vi sarà nient'altro che l'adesso e il qui, il qui e l'adesso. E non ti sa che, in questo hic et nunc, noi avremo occasione di vederci, eh, ogni tanto? »

(Richard Bach 1936*)




Non mi serve un dove né tantomeno un quando.
Noi abbiamo appuntamento OLUEISL in un posticino speciale.
Buon Compleanno, vecchia Pulce.



giovedì 14 giugno 2012

Non è vero.

Non so chi abbia avuto la geniale idea di togliere il freno alla cassa di sapone.
So che adesso il tempo fila e che ci sono già sfuggiti di mano sei mesi.
E non mi piace, non mi piace per niente.


« C'è questo maestrale, e tutta questa musica,
che non mi lascia andare, non si dimentica.

Ma se vedemu in tu mezu du mâ,
suvia a n'unda che nu pö turnà,
sempre anà, anà, anà.

Sutta-a-o ventu a rintanà,
a cerca tera in mezu a u mâ,
sempre anà, anà, anà. »

(Cristiano de André, 1962*)

martedì 12 giugno 2012

C r o ssroad

Se la musica fosse, sarebbe. Un paio di piedi scalzi, un disco in vinile, due occhi scuri, un cielo blu, una camicia abbottonata male, una biglia rossa, una corda saltata. Una carezza, una matita con la punta, una vecchia fotografia, una montatura ingombrante, una scatola di colori, un chiodo arrugginito, un gelato stracciatella. Una nuvola piena di pioggia, un sasso sul fondo, uno sguardo curioso, una coperta a quadri, una mano tesa, un caffè, una finestra aperta. Una voce graffiante, un tramonto da paura, un puzzle senza un pezzo, un camino acceso, un cane addormentato, un prato grande, un libro. Una lettera, una sorpresa, una candela, un cioccolatino al peperoncino, una radio con l'antenna, un cuore grande, il sole alla mattina presto. Due calze diverse, un bracciale, un tappo di sughero, un fiocco di neve, un sentiero nel bosco, un temporale, un treno. Una stella alpina o una margherita, un fumetto, una coccinella, una bicicletta col cestino, una tinca, un bambino. Una cornice, un cappotto, un orologio a pendolo, una domanda, una manciata. Una foglia, un basco, un fratello. Un tetto, una capricciosa. Se la musica avesse un'espressione, sarebbe un sorriso. 
Se la musica è un, allora chà.


«Accadono cose che sono come domande.
Passa un minuto, oppure anni,
e poi la vita risponde.»
(Alessandro Baricco, 1958*)




Wish you a crunchy birthday, Bro'.



(le ultime due fotografie sono di proprietà di Francesco Piu.)