venerdì 27 febbraio 2015

Dog-factor aka ti socializzo la noce del capocollo!

Mi ero ripromessa di fare - quantomeno - una pausa con i post a tema cinofilo. Purtroppo non ce l'ho fatta. Ma il punto è che non sono io a volerli scrivere, è proprio la gente idiota che incontro in giro (devo avere una calamita con un polo piuttosto forte) a dettarmeli, lettera per lettera, perché una parola per volta è un po' troppo.

Stamattina la mia giornata è iniziata poco dopo le sette. Alle sette e trenta ero in giardino. Dalle otto alle nove meno un quarto in casa col sax in bocca e alle nove di nuovo in giardino. Ho iniziato a lavorare a quell'ora con un border collie di quasi dieci mesi. È il cane nuovo - no, non è più quello di prima.

A me sembra evidente. Non so a voi. Voglio dire, non abbiamo nascosto il Denver per dieci mesi prima di ritirarlo fuori cucciolo, non è andato in letargo e non è stato tutto il tempo in casa a fare i bisogni nella sabbietta (qualcuno l'ha ipotizzato per davvero). Soprattutto non ci è caduto in una pozione di lunga vita, non è rinato a maggio (né cervo a primavera).
Tanto per chiarirci e rinfrescarvi la memoria era anche lui tricolore, era anche lui Berten Coller (true story), d'accordo, ma aveva una bella riga bianca in mezzo al muso, una C sulla schiena, era grande e grosso e pisciava alzando la zampa. Adesso - purtroppo - è morto. Non fatevi confondere dal fatto che nei nostri cuori non lo sia per niente.

Che vi piaccia o meno, nel nostro giardino adesso c'è una signorina. Si chiama Gwen che si pronuncia Guèn e non mi sembra poi così difficile da imparare. Naturalmente capisco che ci si possa sbagliare, e non vi insulterò di certo se mi chiederete qualche volta di ripetervi il suo nome. In ogni caso escluderei Glenny, Ginger, Gwisper, Gwinny, Glenda, Gwendy, Wendy, Gwenda o Candy, Dolly, Ninetto o chenesoio. Se proprio non ce la fate a ricordarvi il suo nome poco importa. Non è necessario che la chiamiate, anzi, non fatelo proprio. Non vi ubbidirà e non vedo nemmeno perché debba farlo.

Smettetela di ricordarmi quanto era bravo il Denver. Perché, che ci crediate o no, sarà la memoria d'elefante, saranno i casi della vita, me lo ricordo bene, probabilmente molto meglio di voi. Voi invece - a quanto pare - non vi ricordate che non è nato com'è morto - se non per anima bella e gentilezza. Non vi ricordate che per almeno sei anni ho trascorso tre sere a settimana sul campo della Società cinofila di Bellinzona. E le restanti nel mio giardino. Caldo o freddo, sole o acqua. Mi spiace che affacciandovi alle vostre finestre, scocciati come sempre, riusciate solo a immagazzinare gli abbai delle due del pomeriggio, rivolti per altro ai vostri stupidi gatti. Se solo guardaste o ascoltaste un pochino meglio, vedreste quanti progressi - in tutte le direzioni - si siano già manifestati. Ma non per grazia divina e nemmeno per merito vestro: per il tempo dedicatole

Lo ripeto. Avevo deciso di non metterle addosso pesi non suoi. Di non avere aspettative, di non fare paragoni. Non è stato facile. Non lo è nemmeno adesso. Anche perché a quanto pare le aspettative vengono più da fuori che da dentro. Mi pare di capire, a questo punto, che quelli con le aspettative eravate, siete voi. Bene, fatevele su qualcun altro. Lasciateci in pace. Io conosco due occhietti vispi e marroni e due orecchie da pipistrello che l'hanno capito dal primo giorno di avere un ruolo speciale, pensa un po', senza le vostre traduzioni. E che hanno raccolto questa responsabilità senza dirlo a nessuno, nemmeno a voi. E che non mi hanno mai delusa, né credo lo faranno. Questa qui non è che mi completa, no, è proprio uguale a me. E che ci crediate o no, abbiamo in mente ancora diverse cose da fare, insieme.

Alle nove e mezza siamo usciti dalla zona più o meno franca del nostro giardino per una passeggiata.

Fosse una passeggiata andare in passeggiata.
Dopo dieci minuti avevamo incontrato una signora che, candidamente, ha annunciato che sicuramente quando se ne andrà, il cane, mi mancherà un sacco. Ora, non lo metto in dubbio, sciura, ma, facendo le corna, almeno un dodici anni prima di preoccuparmi di questa faccenda vorrei averli. Non meniamo gramo, eh.
Dopo venti minuti eccola, lei, l'immancabile, irrinunciabile donna col dog-factor. La vedo, non posso sbagliarmi, sarà lei la dispensatrice di perle quotidiane. State attenti, eccovi la sua descrizione tipo:

- donna
- quaranta chili per un cane di quarantacinque (meglio se maschio intero e di taglia grande)
- sulla quarantina anche con gli anni (ma spesso e volentieri più vecchia)
- ignorante
- sorda

procede con disinvoltura sul marciapiede di fronte, ma che dico procede, ma che dico disinvoltura. È più un avanzare rapidamente in stile sci nautico a penzoloni del guinzaglio del suo cane (maschio intero, taglia grande). È più un avanzare senza toccare terra, stile Gesù Cristo sull'acqua. Eccola che in men che non si dica, senza nemmeno guardare se arrivino macchine, si fa trascinare oltre la carreggiata e nella mia direzione dal suo... bel cucciolone. State pronti perché... eccola, la domanda che ti fa capire che la situazione non promette nulla di buono; l'immancabile, l'irrinunciabile: È FEMMINA? E così, dopo averla pregata in 15 lingue diverse di TIRARE DRITTA, eccola assumere l'immancabile, l'irrinunciabile espressione da "ma tu non capisci" ed avanzare maggiormente. Alla fine, nei migliori dei casi, si riesce a far capire - in qualche modo - alla suddetta donna-con-dog-factor che il tuo cane non incrocerà il suo né in mezzo alla strada, né sul marciapiede, ma soprattutto NON AL GUINZAGLIO. Viene spontaneo cercare di farlo gentilmente, almeno a me, spiegarne alla velocità della luce (prima che il danno sia fatto) le ragioni soggettive e quelle oggettivamente oggettive. I perché e i percome. Non importa quanto tu sia credibile. Non importa quanto bagaglio culturale o cinofilo ti porti appresso (quello effettivamente importa poco dappertutto). La donna-con-dog-factor si guarderà dall'alto in basso, ti darà del maleducato e sentenzierà:

Guarda che lo devi far socializzare
quel cane lì.

E tu, ricorrendo a tutto il tuo self-control, alla gentilezza che ti ha insegnato la mamma, a quella che ti ha insegnato il nonno, a quella che ti hanno insegnato a scuola, sfoggiando il tuo miglior sorriso, le risponderai con tono pacato:

TI SOCIALIZZO LA NOCE DEL CAPOCOLLO.