domenica 5 gennaio 2014

M'imbrodo (vegetale)

Si avvicinano precipitosamente le settimane più nervose dell'anno. Per finirci dentro degnamente, senza però lasciarsi inghiottire, occorre un po' di carica. La rubo un po' a ognuno di voi, ai sorrisi, ai racconti, alle colombe rubate sul più bello, cose così. Già che ci sono, risfodero anche vecchie parole: non so se ve l'avevo detto (qui sul blog, dico)... non credo. Perché poi in realtà l'ho detto a tutti, uno per uno, saltellando per circa una settimana su una gamba sola e con un sorriso che faceva due volte il giro della faccia. Su un altro blog, quello di uno sguardo dissidente, che mi piace sempre allo stesso modo, una volta - non mi spiego ancora come - ho letto un post intitolato Talento.

Ancora non ci credo. Ancora un sacco di energia da poche righe. Ancora sguardi che si incontrano, che incontro. E ancora io, tra le altre cose. Io che mi chiamo Giovanna.

E a seguire l'inizio della fine e l'inizio dell'inizio.
Ricomincio a fare sul serio. È ora di riaprire le imposte.





mercoledì 1 gennaio 2014

Ciao Piccia,

ci ho messo un po', ma alla fine sono riuscito ad ottenere il permesso, contenta? Queste righe - sappilo - mi sono costate, dopo lunga discussione con il vecchio Fra' (che, ovviamente, comprensivo come al solito, mi ha tenuto la parte, mettendo una buona parola per me con quello che comanda) una pinzata sotto la tunica al Pietro. Tranquilla, come mi hai insegnato tu, sono sempre bravo... ma quando ci vuole ci vuole, eh insomma, era importante! Detto ciò, torniamo a noi.

Finalmente, quando ti sei svegliata questa mattina il duemilatredici era passato. Tutto quanto: andato, finito! Era ora, vero Piccia?
In questi mesi ti ho guardato un po' da dove sono adesso e un po' ti ho seguito senza che te ne accorgessi. Ti ho vista perderti e convincerti di ritrovarti, ti ho sentita ridere forte, ti ho vista con gli occhi luminosi di sempre raccontare di me a chi non mi conosceva, ripetere di me a chi mi voleva bene. Ti ho vista ribaltare biblioteche per uno straccio di informazione, buona a darsi una ragione, una qualunque. Ti ho sentita piangere in silenzio e urlare con quella penna, solo come sai fare tu, che non era giusto, che non ce lo meritavamo. Ho sentito una musica con una sfumatura nuova venire da quel ferro che ti porti appresso, se possibile, ancora più spesso di prima. Ti vedo andare in giro da mesi con il mio collare nella borsa e lottare contro le abitudini, perché, lo so, sono la cosa peggiore. Ti ho sentita fischiare in fondo alla via senza ottenere risposta (oh, come avrei voluto!), girare a vuoto tra gli scaffali dei biscotti alla coop, ti ho vista scendere le scale di corsa per poi tornare indietro solo all'ultimo gradino, sobbalzare ad ogni tuono o smiagolata, mandarmi un pensiero ad ogni botto del Culodanno, come dici tu.

Una cosa per volta, Piccia, d'accordo?
Non prendertela, non prendertela più per chi non capisce che né un giorno né un anno possono riempire il vuoto che ti ho lasciato. Non l'ho fatto apposta, ma questo già lo sai, avrei preferito mille volte essere ancora lì tra le tue carezze e annuire con convinzione a tutte le scemenze che mi raccontavi (ero d'accordo, giuro!), correrti affianco, guardarti negli occhi e riempirti la faccia di baci. Non prendertela più per le cose che non hai potuto fare perché, davvero, non potevi fare più di così. So dei maialini riempiti e svuotati senza battere ciglio per farmi stare meglio e di tutto il resto. Io lo so. So che c'è stato chi ha avuto da ridire anche su questo e so di essere sempre stato la tua scelta, "la migliore di sempre", come dicevi tu. So quanto è stata dura accompagnarmi quel fottuto martedì sera, ma, sai Piccia, mentre dovevi stare lontana, c'era la dottoressa migliore che potevi scegliere a curarmi e, soprattutto, a parlare con me.

Volevo dirti che, se proprio non riesci a mettere da parte la sensazione che sentivi quando appoggiavi le tue mani su un pugno d'ossa (cerca di farlo, per carità, ero un gran figo prima, non ti ricordi?), pensa che per me quelle erano le carezze più importanti.
Se proprio non riesci a ricordarti i miei occhi belli e colore dell'ambra quando erano luminosi (ti rinfresco la memoria),


pensa che ogni giorno, vederti e vedervi, era per me il regalo più grande.

Dimentica in fretta la malattia che mi divorava dentro e cominciava a farlo anche fuori. Ricordati la mia lingua sbauscenta e rosa. E tutti i baci che ti ho dato.


Promettimi di fare uno sforzo, per mettere da parte tutti i pensieri brutti - so che ci stai già provando, ma di solito quando le cose te le dicevo io le facevi più in fretta, i sensi di colpa - non ne hai. Sfodera la gioia che provavi quando passavi del tempo con me. Raccogli tutta l'energia positiva che hai immagazzinato. Ricordati di quanta fiducia riponevo in te. Di quanto eravamo bravi. Pensa a quanto ero zuccone, ostinato, pistola e secchione. Di come mi piaceva fare il primo della classe.


Ricordati che la mia partenza ti ha aiutato a fare luce sui volti delle persone. Alcune di loro ne avevano bisogno. Ne avevi bisogno anche tu. Dimentica in fretta quelli che hanno avuto parole vuote, quelli a cui hai e abbiamo fatto comodo. Quelli a cui piacevano solo i nostri risultati. Ricordati delle lunghe lettere che ti sono arrivate da sguardi che non incontravi da tempo, da chi mai avresti pensato. Ricordati di aver riempito il cuore con le parole e le esperienze degli altri, gli abbracci. Ricordati di chi mi scrive e di chi mi parla, di chi mi pensa, di chi dice "Ti ricordi come?". Lo so che ti ricordi. Devi solo aprire il cuore. Ricordati di chi c'era con me e con te sul pianerottolo delle scale. Di chi è passato a trovarmi quando tutto era già perso ma ancora eravamo aggrappati alla coda (ce l'ha, giuro che ce l'ha!) della speranza.




Forza Piccia. È arrivato il duemilaquattordici. Ho visto che ti stai preparando ad accogliere un altro musetto. Fallo con calma, prendi tempo, ma non avere paura. Per me va bene. Ti farà bene. Certo, non sarà simpatico e intelligente come me, ma sicuramente saprà il fatto suo. Sarà all'altezza. Ritrova le cose che hai lasciato in giro, verranno di nuovo sorrisi grandi, slappate, carezze, corse, lunghe pesseggiate. Verranno di nuovo i tuoi biglietti natalizi con musi simpatici, verranno di nuovo foto uscite bene, scritti con un capo e una coda (soprattutto una coda!), suoni espressivi. Verrà qualcuno ad accompagnarti il dicembre prossimo per la mia candela (se me la accendi anche in questi giorni, va bene) e per il giro del quartiere per vedere le luci. Vedrai che verrà. Gli lascio il mio collare luminoso, quello arancione. Quello era strafigo. Ma molto, molto meno di noi.





Ti slappo super, piccia.
Ti penso sempre.
Non me ne vado mai.
Denver

PS: guarda che ti ho vista.
Non socializzare con i gatti!